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Domenica, 06 Aprile 2025 11:48

Analisi del report ISPRA sull'impatto della caccia sull'avifauna

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Numeri che possono destare preoccupazione se non ben analizzati

Negli ultimi anni, il dibattito sull'impatto della caccia sulla fauna selvatica italiana ha assunto un ruolo centrale nelle discussioni ambientali. L'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha recentemente pubblicato, per la prima volta, una relazione dettagliata basata sull'analisi dei tesserini venatori relativi alle stagioni dal 2017 al 2023, offrendo uno sguardo approfondito sul numero di esemplari abbattuti per ciascuna delle 36 specie di uccelli cacciabili in Italia, suddivisi per regioni e stagioni venatorie.

I cacciatori sono obbligati a registrare su un apposito tesserino, digitale o cartaceo, ogni uscita e ogni abbattimento effettuato. In Italia, la caccia è regolamentata da norme stringenti che definiscono periodi, quote e specie autorizzate al prelievo. Questo rende la caccia un’attività considerata a bassa intensità dal punto di vista dell’impatto ambientale. Non va dimenticato inoltre che, in molti casi, essa svolge anche un ruolo di gestione faunistica — ad esempio per cinghiali e altri ungulati — contenendo popolazioni in crescita che possono causare danni a colture e biodiversità.

Secondo il rapporto ISPRA, i cieli italiani ospitano circa 500 specie di uccelli. Tra le 36 specie cacciabili, alcune mostrano una pressione venatoria particolarmente elevata. Ad esempio, la cesena (Turdus pilaris) e il tordo bottaccio (Turdus philomelos) risultano tra le specie più abbattute, con numeri che superano rispettivamente i 500.000 e 1.000.000 di esemplari per stagione in alcune regioni — segno anche di una buona presenza di questi selvatici sul nostro territorio.

Il documento evidenzia differenze di prelievo tra le varie regioni, legate a fattori come la tradizione venatoria e le differenti rotte migratorie che attraversano il paese.

Ultima annualità del rapporto 2022/2023 (Fonte: ISPRA)
CAPI TOTALI CAPI TOTALI CAPI TOTALI
Tordo Bottaccio 2127152 Beccaccino 32497 Pernice Rossa 5651
Colombaccio 660269 Cornacchia Grigia 24293 Frullino 4618
Merlo 633091 Gazza 22737 Cornacchia nera 2020
Allodola 424604 Tortora 22229 Marzaiola 1933
Tordo Sassello 417005 Fischione 21618 Moriglione 1638
Fagiano 266749 Starna 21530 Fagiano di monte 1250
Cesena 225812 Gallinella d'acqua 18532 Moretta 1122
Beccaccia 101155 Canapiglia 8378 Combattente 898
Alzavola 100908 Mestolone 8247 Coturnice 863
Quaglia 48143 Codone 6650 Pernice sarda 851
Ghiandaia 37585 Pavoncella 6480 Pernice bianca 93

Interpretazione del rapporto

Per la prima volta vengono pubblicati numeri ufficiali sugli abbattimenti, evidenziando l’impatto reale della caccia sulle diverse popolazioni di uccelli selvatici. Il monitoraggio risponde agli obblighi previsti dalla legge e dalla Direttiva Uccelli dell'Unione Europea, che impongono un prelievo sostenibile, tale da non compromettere lo stato di conservazione delle specie.

Questi dati sono fondamentali per orientare la redazione dei prossimi calendari venatori e per comprendere meglio la diminuzione o l’aumento della presenza di alcune specie sul nostro territorio.

Purtroppo, come spesso accade, questi numeri vengono usati per alimentare polemiche ideologiche, anziché favorire una lettura oggettiva. Si tende a demonizzare la caccia, distogliendo l’attenzione dai veri problemi che affliggono la fauna selvatica:

  • Inquinamento
  • Riduzione degli habitat
  • Agricoltura intensiva
  • Urbanizzazione e infrastrutture (inclusi parchi eolici)

Secondo i dati disponibili, l’impatto della caccia sulla biodiversità è stimato attorno allo 0,66%, mentre per le specie cacciabili si attesta al 2,58%. Ciò dovrebbe far riflettere su quanto venga esagerato il peso della caccia, trascurando invece fattori molto più impattanti.

Rapporto caccia allevamento

Se confrontiamo questi prelievi con l’impatto degli allevamenti intensivi — secondo fonti come Greenpeace e ISPRA — la caccia rappresenta meno dell’1%. Al contrario, gli allevamenti intensivi sono responsabili di:

  • Oltre il 75% delle emissioni di ammoniaca in Italia, contribuendo alla formazione di polveri sottili (circa 50.000 morti premature annue)
  • Il 79% delle emissioni di gas serra da parte dell’agricoltura (circa il 40% delle emissioni globali di metano)
  • Occupazione del 70% dei terreni agricoli
  • Consumo elevato di acqua e produzione massiccia di liquami da smaltire

Conclusioni

La caccia incide direttamente sulle popolazioni selvatiche, ma l’allevamento intensivo presenta sfide ambientali, sanitarie ed etiche molto più vaste. A differenza della caccia, non tocca direttamente le popolazioni naturali, ma ha un impatto sistemico ben più rilevante sul pianeta.

La relazione ISPRA sottolinea l’importanza di una gestione venatoria fondata su dati scientifici aggiornati, per garantire la conservazione delle specie. È fondamentale aumentare la consapevolezza tra i cacciatori, promuovere pratiche sostenibili e supportare la biodiversità locale.

I numeri ricavati non devono essere strumentalizzati per alimentare disinformazione, ma piuttosto utilizzati per comprendere che — se ben regolata — la caccia può rappresentare una risorsa, oltre a un modo più etico e sostenibile di procurarsi carne rispetto a molte pratiche industriali.

E tu, cosa ne pensi?

demk

Cresciuto con una passione enorme per la caccia e la natura ha cominciato ad avvicinarsi alla ricarica ed al mondo venatorio grazie al padre. Sempre in cerca di nuovi accorgimenti e prodotti ha pensato bene di creare una community incentrata attorno alla caccia dove apprendere nuove tecniche e scambiarsi opinioni. I suoi carnieri sono spesso vuoti, ma ogni uscita gli regala un'emozione e spesso si perde fra le nuvole ammirando paesaggi straordinari o valutando le condizioni meteo.

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